lunedì 28 febbraio 2011

Nuovi orizzonti dell'arte: a tu per tu con Silvio Giordano.




Brek Magazine n.16 - Intervista all'artista Silvio Giordano

lunedì 21 febbraio 2011

In questo mondo 2.0 dove tutti pensano di poter fare tutto.

Capita spesso per noi esperti di comunicazione e professionisti delle Relazioni Pubbliche, di avere difficoltà a spiegare il nostro lavoro. Siamo più spesso etichettati come addetti stampa, pr, pubblicitari, ma dietro la figura di un esperto in comunicazione c'è molto altro.
Prima di tutto ci sono anni di studio, perché chi si occupa di comunicazione e marketing deve occuparsi anche di strategia aziendale, budget, piani di comunicazione e progetti più ampi. Quindi per fare questo una base bisogna averla.
Un "comunicatore" non è la persona che si occupa di organizzare le feste e le Relazioni Pubbliche (non Pubbliche Relazioni) non sono attività da discoteca. Ch si occupa di rp e pa (public affairs) si interfaccia con istituzioni e stakeholders e deve sapere quali sono le regole per farlo.
La nostra figura è quella a cui un'azienda o un ente o un'istituzione o una singola persone dovrebbe fare sempre riferimento se vuole farsi conoscere. Noi possiamo creare una strategia reale e scoprire cosa va o cosa non va.
Uno dei problemi che più spesso si vedono ora è quello della presenza sul web. Molte aziende non sanno realmente cosa questo comporti ma soprattutto quali studi possono esserci dietro. Si affidano spesso a singole persone esperte di grafica senza pensare che prima di arrivare alla grafica del sito e alle caratteristiche informatiche bisogna fare uno studio ed analizzare. Per questo la mediazione di un esperto è molto importante: ti aiuta a delineare le linee guide che poi passa a chi manualmente si occupa di sviluppare il sito. Questo comporta una sicurezza maggiore per le aziende e la sicurezza stessa del grafico, che avrà un brief perfetto da cui partire.

martedì 15 febbraio 2011

Questa non è una città per giovani.

Se potessimo fare un documentario su Potenza questo potrebbe essere il titolo adatto ad una storia ormai vecchia che dura da prima che io nascessi.
La mia non vuol tanto essere un’invettiva verso la politica o l’amministrazione cittadina, né tantomeno una nota di rabbia verso chi non ha interesse ad elevare culturalmente questa città. Semplicemente vuole essere una riflessione pubblica su quanta strada abbiamo ancora da fare per essere una vera città capoluogo.
Come prima cosa, bisogna ricordare che una città metropolitana, non diventa tale semplicemente utilizzando fondi europei per realizzare una linea metropolitana, ma in più ampia scala dovrebbe offrire una serie di servizi ai cittadini e a voglia visitarla.
Un piccola città di 70.000 abitanti, com’è Potenza, potrebbe non aspirare ad essere una grande città ma semplicemente potrebbe far fiorire quello che ha di nascosto e puntare sulla qualità, piuttosto che sulla quantità. Ma purtroppo fino ad ora, ancora non è stato compreso che la nostra città e in ampia scala tutta la nostra regione, potrebbe essere una vera fonte di ricchezza, se solo qualcuno iniziasse a capire come amministrare fondi e ricchezze che rispettivamente da anni e da secoli abbiamo a disposizione.
Spesso me la sono presa con i giovani, colpevoli di lamentarsi di una città orribile che non offriva loro niente, invogliandoli ad occuparsi in  prima persona delle attività della città.
Adesso senza vergogna devo chiedere scusa a quei giovani che pur lottando si sono visti porte chiuse in faccia. Qui i ragazzi hanno tanta voglia di fare ma non hanno le basi per poterlo fare, anche se più che di basi parlerei di agganci, appoggi e spazi.
I pochi posti in città che davano spazio ai giovani subiscono costantemente una lotta da parte di altri professionisti dello stesso settore che, come capita spesso a Potenza, invidiosi della vittoria di una fazione devono subito trovare agganci per farla cadere con uno sgambetto improvviso. O si ritrovano oberati di controlli su piccoli ed inutili dettagli, mentre magari a 50 metri c’è qualcosa di più importante da controllare.
Così un circolo che si apre ai giovani, offrendo aperitivi letterari, concerti e serate a tema, in un ambiente dove si assapora cultura allo stato puro, dove puoi chiacchierare di arte, politica, sociale e musica fino a tardi, dove puoi dare ai ragazzi la possibilità di vivere delle ore al sicuro, viene messo alle strette con veri e propri discorsi “da bar”. 
Ci si lamenta dell’incremento degli alcolizzati e dei tossicodipendenti. Ma non si fa niente per trovare soluzioni valide per affrontare tali problemi. Sembra un  po’ la storia del carcere che invece di nobilitare un uomo che ha perso la strada, tende ad incrementare la sua predisposizione a delinquere.
In una situazione critica come la nostra, in una città senza sbocchi e senza idee, dove l’unica cosa che puoi fare è stare buttato in mezzo alla strada e la tua unica soluzione è bere una birra o fumare uno spinello come possono crescere i vostri figli, come possiamo andare avanti noi giovani?
Di ragazzi giovani che fanno uso di droghe ce ne sono tantissimi, e  anche se si voleva nascondere fino ad ora è arrivato il momento di dirlo: tanti ragazzi fanno uso di droghe, dalla cocaina all’eroina, e molti di loro sono già sulla buona strada dell’alcolismo.
Vogliamo lasciarli buttati così per strada o vogliamo offrire loro un futuro vero?