Sono anni che affronto questo tema: ufficio stampa e giornalisti.
Mi
occupo di comunicazione e pubbliche relazioni da oltre 10 anni. Agli
inizi ho lavorato come addetta stampa. Non sono una giornalista, ma ho
dovuto confrontarmi con loro più e più volte; direi più che
confrontarmi, ho palesemente passato le mie “produzioni” alle redazioni
che si sono occupate di tagliarle attentamente e incollarle negli spazi.
Ed ecco fatto l'articolo di giornale.
Se
notate, molte delle informazioni istituzionali che trovate sui giornali
sono le stesse, senza distinzione alcuna tra giornali. Sono comunicati
stampa creati da chi, come me, lavorava o lavora negli uffici stampa e
produce idee, testi e scritti da divulgare al pubblico.
La
cosa che mi fa più ridere è data dal fatto che i comunicati dovranno
anche essere scritti seguendo delle regole precise, che permettono al
giornalista di faticare ancora meno: i periodi devono essere
intuitivamente scollegabili tra loro, le frasi corte e la punteggiature
semplice, in modo da dare la possibilità alle redazioni di prendere
qualche periodo tagliarne altri, miscelare il tuo elaborato nel modo
migliore ed ecco pronto l'articolo.
Quando
lavoravo nella moda, poi, la situazione era anche peggiore. Al danno si
aggiungeva la beffa: non bastavano più solo i comunicati, servivano
anche i pensierini da inviare alle giornaliste, elaborare un media plan
che ti permettesse di avere abbastanza pubblicità sui giornali sui quali
volevi che uscissero le tue notizie e le tue immagini.
Elaborare, modificare, mettere del proprio, fa parte del vostro lavoro. Siete pagati per farlo, quindi fatelo.
Tanti
giornalisti che lavorano negli uffici stampa lo fanno come secondo
lavoro per guadagnare di più e come seconda scelta quando non hanno la
possibilità di lavorare nelle redazioni: esistono realtà in cui trovi
persone a capo dell'ufficio stampa che lavorano poi anche in qualche
redazione di testata. Scorretto e sbagliato, perché viene a cadere
immediatamente il principio di libertà e indipendenza del giornalista,
che avrà pur sempre un interesse privato nel comunicare qualcosa, mentre
dovrebbe, per l'interesse pubblico, semplicemente dare informazioni
disinteressate al pubblico di riferimento.
O almeno, così è come la penso io.
Quando,
ancora troppo giovane per saperlo, ho scoperto che per lavorare in un
ufficio stampa pubblico dovevi essere necessariamente un giornalista,
sono svenuta e ho pianto per un mese quasi. Mi sono chiesta come fosse
possibile una cosa del genere. Perché io che per anni ho fatto questo
mestiere per grandi aziende, ho gestito le crisi e ho dato IO il lavoro
ai giornalisti, ho creato relazioni ad ogni ora del giorno e della notte
e ho studiato ogni strumento per rendere migliore il messaggio, non
potevo essere parte di un ufficio stampa di un'istituzione. Eppure, non
sono diversa da un altro addetto stampa, magari ho anche più esperienza
di un giornalista che non sa neanche come gestire determinate cose. Far
parte di un ufficio stampa significa anche avere la prontezza di
risolvere i problemi, e questo non lo sai fare solo se hai un tesserino
inutile da giornalista.
Due pesi due misure?
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